ROMA – “Riprendiamo i figli con il cellulare dalla morfologica fino ai 12 anni e oltre e poi se loro prendono il cellulare in mano gli diciamo che hanno una dipendenza. Così come alla recite, tutti con il cellulare in mano e i bambini piangono: si chiama pornografizzazione dell’immagine. Vieterei i cellulari alle recite e chiuderei tutti i gruppi chat classe di genitori. È lì che c’è il bullismo con questi adulti che vogliono sentirsi dire e far sapere che stanno facendo tutto bene. Non sono fragili gli adolescenti, ma gli adulti“. Sono parole di fuoco quelle che Matteo Lancini, psicoterapeuta dell’età evolutiva e direttore del centro Minotauro, in sala stampa a Modena dedica ai genitori di oggi e a quella narrazione che ‘mette in croce’ i giovani e propone divieti e paletti come soluzione facile, come le ultime sullo smartphone, senza mai analizzare quello che fanno i genitori. “Il cellulare lo toglierei prima di tutto a loro a casa“, spiega mentre i giovani della scuola media IC3 Mattarella di Modena, accompagnati dai loro insegnanti, sono pronti a fare le domande.
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“NON CHIEDIAMO NULLA AI NOSTRI FIGLI”
“Abbiamo chiuso i cortili, li abbiamo spinti a vivere online e ora arriviamo ai divieti. È una semplificazione”, secondo Lancini e soprattutto è quel corto circuito che rende i giovanissimi sempre più davvero soli e isolati: ma non sul web, a casa. E quando la cronaca ci porta a fatti cruenti come il femminicidio di Giulia Cecchettin o la strage di Paderno Dugnano, l’esperto ricorda che “i segnali visti dopo… è troppo facile. Si deve partire dall’ascolto di questi ragazzi perchè accogliere un’emozione, la rabbia, anche se non la giustifichiamo, abbassa il rischio e invece non gli facciamo domande, non gli chiediamo davvero nulla e ‘vanno in giro con il coltello’: se non si mettono in parola, le emozioni si agiscono”. E poi “si fa confusione tra patriarcato, maschilismo, ma invece c’è una crisi dell’autorità paterna“.
“CONTANO LE AMBIZIONI DEI GENITORI, NON LE EMOZIONI DEI FIGLI”
Secondo Lancini nonostante i tanti proclami “le famiglie non ascoltano i figli per quello che sono“, ma vale “il principio sii ‘come io ti voglio’, in una sorta di curriculum dovuto e per forza brillante in cui contano le ambizioni dei genitori che sui grandi schermi per primi proiettano le loro fragilità. Alla fine di bambini e adolescenti non importa a nessuno: contano meno dei cani e gatti. Così se un ragazzo deve esprimere qualcosa non lo fa o fa ‘soffrire mamma e papà che poi ci rimangono male’”.
Nella sua lezione magistrale a Carpi lo psicoterapeuta spiegherà “come siamo giunti a questa società. Dall’epoca della famiglia tradizionale normativa del ‘devi obbedire’ da cui l’adolescente cresceva oppositivo e trasgressivo, alla fine di questo modello che ha portato alla delusione e al narcisismo degli adolescenti e infine alla terza fase- sottolinea- dove andiamo verso provvedimenti post narcisisti”. Di bambini e adolescenti non interessa a nessuno perché gli adulti hanno bisogno di sentirsi che fanno bene e non c’è identificazione con i figli. Chi chiede: chi sei tu? Cosa hai trovato su internet oggi? È meglio dire ‘Sii te stesso a modo mio’, da cui il titolo del suo ultimo lavoro. “La tristezza e la rabbia disturbano” questi genitori fragili, e ‘mi raccomando fai nuoto e ti sequestro il cellulare’ è tutto quel che sanno dire“.
Lancini, come nelle sue proposte alla Camera dove è stato audito in diverse occasioni, va in tutt’altra direzione: “Prove open su web, uso degli smartphone, formazione per l’intelligenza artificiale perchè conta saper fare le domande giuste” o in questo mondo che abbiamo costruito così i giovani saranno spacciati. “In adolescenza i nostri figli si prendono carico di madre e padre, altro che età dell’oro“. E infine un allarme: se non si interviene avremo “una diaspora dalla scuola. Il fenomeno dell’abbandono maschile è l’equivalente dei disturbi alimentari per le ragazze”.
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